Rom e Sinti fra passato e presente: Lucrezia ed Enrico, del "Carrara", ci propongono una riflessione


Non ne avevano mai sentito parlare e per questo, il gennaio scorso, ne sono stati attratti quando hanno visitato la mostra "Porraimos, altre strade sul sentiero per Auschwitz”, promossa dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Lucca nell’ambito delle iniziative varate in occasione del Giorno della Memoria. Anche Lucrezia ed Enrico, oggi in 5RA, ignoravano, insieme ai più, uno dei tanti volti dello sterminio, quello incarnato dalle minoranze rom e sinti, “divorate”, come esse evocano con il termine “porraimos”, dal razzismo nazifascista. Da allora, entrambi hanno riflettuto sul tema, ne hanno discusso in classe con i propri compagni e, dopo essersi documentati, hanno scritto un testo che il loro insegnante, prof. Giuseppe Iandolo, ha ritenuto degno di nota.

Marina Giannarini

  

Il popolo Rom: la discriminazione ieri e oggi

Il popolo e la cultura Rom sono stati per anni oggetto dell’omertà in

ambito della discriminazione razziale. I Rom, infatti, così come gli ebrei

sono stati osteggiati dalle leggi razziste del fascismo e dal conseguente

genocidio nei campi di concentramento. Nonostante anche essi siano stati

al centro dell’attenzione del nazionalsocialismo, si sente e si vede ben

poco riguardo il popolo zingaro in ambito della seconda guerra mondiale.

Prima delle leggi razziste, questo popolo era visto come “un popolo

inoffensivo, che nel corso dei secoli ha donato al mondo con musica, canti

e tutta la sua ricchezza”. Questa frase è presa da uno dei capitoli nella

sentenza del processo di Norimberga contro i crimini nazisti. Anche ciò ci

fa capire quanta poca importanza questo popolo abbia avuto oggi come ieri;

un solo capitolo per 500.000 vittime.

Poco niente è cambiato oggi nell’opinione che si ha di questa cultura, di

queste persone. Sono privati di diritti fondamentali e, come ci fa notare

Alexian Santino Spinelli, docente di letteratura romena, “senza questi

diritti anche un italiano sarebbe peggio del Rom. Non è una questione

culturale, ma sociale, di diritti e pari opportunità”. Il popolo zingaro è

considerato un popolo instabile, senza radici, e quindi pericoloso ma come

il professore Spinelli spiega “i Rom non sono nomadi per cultura come

tutti pensano. La mobilità è stata coatta perché ci sono problemi

economici nei loro paesi e cercano di trovare uno spazio vitale in Italia.

Già cercano spazio vitale e trovano campi nomadi che sono lager moderni,

pattumiere sociali, forme di segregazione razziale non degna di un paese

civile”.

Possiamo quasi dire che, se il popolo Rom è come si presenta, è anche un

po’ colpa di chi lo accoglie. Un esempio basilare della non-accoglienza

che questo popolo riceve e l’istruzione, che sarebbe il primo passo per

meglio unire la nostra e la loro cultura. Carlo Stasolla, esperto nel

campo dell’inclusione della comunità rom, in “i bambini rom” ci spiega che

“in molti non hanno documenti né per loro né per i figli. Niente

documenti, niente iscrizione a scuola. È normale, dunque, non avere

fiducia in un sistema in cui, senza cittadinanza italiana, tuo figlio non

può studiare”.

Un’altra colpa che il sistema italiano ha è quella che riguarda il consumo

e lo spaccio della droga. Dietro ciò, infatti, si trovano “mafie italiane

che sfruttano l’invisibilità no grafica“, afferma Stasolla.

Considerando, infine, tutti i fattori, è anche più facile capire la scelta

di questo popolo di scappare. Chi non scapperebbero un posto in cui non si

sente accolto e, al contrario, viene continuamente discriminato?

La psicologia, infatti, attribuisce alla continua mobilità il significato

di “fuga dall’angoscia“.

Da questo tema, una delle maggiori nozioni che possiamo apprendere è quanto

sia facile giudicare e discriminare un popolo, una cultura, senza mai

provare a immedesimarsi in esso; senza capire quanto sia difficile, per

esempio, non avere nemmeno il diritto di andare a scuola.

Lucrezia Puccini

 

 

 

Gli zingari sono un popolo che oggi è disprezzato e giudicato dall'opinione pubblica, poiché i pregiudizi su queste persone condizionano i pensieri degli italiani. Tuttavia, pochi sanno che si tratta di un'etnia proveniente da un ricco passato con un'lata considerazione internazionale. 

Per capire la tradizioni e le credenze del popolo rom, ci affidiamo al testo di S. Franzese, secondo cui il valore più importante per i gitani è la famiglia, il cui nucleo è composto dai coniugi e i figli. Al di là della famiglia vi è un'istituzione più grande, la "kumpánia", ossia un insieme di famiglie. 

Contrariamente a quanto si pensa, la società rom non è sviluppata "a piramide", ovvero non c'è un vertice che rappresenta un capo che decide su tutto e tutti. Si trova, invece, la figura dell'anziano, a cui si fa appello per tutte le controversie delicate. Gli anziani sono veri e proprie autorità giudiziarie per questo popolo. Quindi, è dovuto loro il rispetto che meritano. Pur discendendo da un'unica etnia, i Rom si sono divisi nel tempo, fino a parlare addirittura oggi diversi dialetti, nonostante tendano a conservare lingua e tradizioni originarie. Nell'ambito del matrimonio, c'è stata una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda la scelta del coniuge: adesso i figli possono scegliere di sposare una donna non zingara, anche se quest'ultima dovrà poi attenersi ai valori e alle regole dei gitani. Per il tema della morte, i rom tendono a far perpetrare il lutto a lungo, e, negli anniversari di morte di un parente, si organizzano banchetti colmi di cibo, che esprimono al defunto un augurio di pace e felicità. 

Uno dei pregiudizi della società moderna risiede nel fatto che i rom non lavorino o che siano incapaci. Per contrastare questa idea di "allergia al lavoro" tipica degli zingari, facciamo fede al testo di E. Marchi, che spiega in maniera più che esaustiva la centenaria cultura lavorativa degli zingari. Anzi, per dirla tutta si può accertare che molti gruppi di gitani portano nomi derivati da alcune mansioni (tra le più importanti possiamo citare i "lovara", ovvero allevatori di cavalli e i "lautori", musicisti, ed altri più famosi, come i chiromanti). Altrove, hanno fatto coesistere la loro tradizione nomade con il lavoro, come i circhi. Tuttavia, questi lavori oggi sono caratterizzati da una bassa remunerazione economia, e ciò fa si che le persone disperate a causa della miseria, cadano nella rete della malavita. Forse proprio perché considerati inetti, essi vennero perseguitati durante la seconda guerra mondiale. Ciò nonostante, come ci ricorda F. Capone con ovvia e legittima ragione, si è parlato e discusso molto del genocidio degli ebrei, mentre il genocidio degli zingari è stato messo da parte. Questo fatto è menzionato solo in un capitolo della sentenza di Norimberga, e, con ciò, dimostrando l'indifferenza generale nei confronti dei gitani. 

Quando si pensa agli zingari, ci vengono subito in mente i campi rom, caratterizzati da condizioni di degrado, completamente abbandonati a loro stessi. Secondo A. Spinelli, sono state le società a "rinchiuderli" in questi posti fatiscenti, che simulano "lager moderni", forme di segregazione razziale. Ciò è un decisivo fattore di allontanamento dello zingaro dalla società, poiché l'opinione pubblica lo ripudia. 

È risaputo che i rom non sono attratti molto dall'istruzione (diffidenza per altro accentuata dal fatto che i gitani e i loro figli spesso non posseggono documenti, necessari all'istruzione in Italia). Ida e Filomena sono due testimoni molto importanti, essendo operatrici sociali che si occupano dell'alfabetizzazione di bambini rom. Esse sono spettatrici dell'effetto che ha la delinquenza, spesso presente nei campi nomadi, sui bambini. Molti di essi, infatti, conoscono la cocaina già all'età di 6/7 anni. Se non altro vi sono anche aspetti positivi, dimostrati dall'avvicinamento di questi bambini agli educatori e agli altri bambini, comportando così anche l'avvicinamento tra genitori rom e genitori italiani. 

Come detto all'inizio, per i rom la famiglia rappresenta un'istituzione sacra e inviolabile, dunque sono così diversi da noi? In merito al silenzio concernente lo sterminio dei rom, non possiamo far altro che chiederci se le idee razziste e i pregiudizi riguardanti questo popolo siano davvero spariti o siano rimasti radicati nella mente delle persone. Forse per la popolazione pare lecito dimenticare o fare finta di niente davanti a un genocidio, che ha riguardato milioni di persone "scomode", nemiche delle società occidentali. L'unico richiamo che faccio ai Rom riguarda l'istruzione, parte importante della vita degli individui oggigiorno. Quindi se non vogliono che i loro figli siano ripudiati dalla società, li devono mandare a scuola!

 

 

Enrico Albano.