La didattica a distanza al tempo del Coronavirus al Busdraghi

 “Io resto a casa” non è solo uno slogan ripetuto fino all’ossessione, come un mantra, in questo tragico ed inedito periodo di pandemia da Coronavirus, affinché si imprima saldamente nella coscienza e si traduca in un comportamento coerente e responsabile. È la cruda realtà dei nostri studenti dal 5 marzo, giorno in cui la scuola è stata chiusa, ma l’attività didattica è continuata in altre forme e sembianze. Da quel giorno infatti i ragazzi non sono più usciti, come ogni mattina, per raggiungere le loro aule, ma è la scuola, i loro insegnanti, le loro materie che si sono recati ogni giorno presso le loro case, sfruttando le risorse fornite dalle tecnologie digitali. È iniziata, quel giorno, la didattica a distanza, che ha cercato di sopperire, per quanto possibile, quella in presenza.

Questo stravolgimento spazio-temporale della didattica ha conosciuto due momenti. Inizialmente i docenti, colti alla sprovvista, hanno lavorato sottotraccia e in ordine sparso, spesso improvvisando, usando quelle risorse e quella tecnologia che meglio conoscevano e padroneggiavano. C’è chi ha usato WhatsApp, chi la posta elettronica, chi il registro elettronico, chi altri strumenti tecnologici. Ma tutti hanno reagito con forza e determinazione. Occorreva mantenere il contatto e la vicinanza con i propri alunni, non lasciarli soli, mantenere una parvenza di didattica e di normalità in un mondo sempre più stravolto ed attonito.gsuite

Poi, da un lato, è stata attivata a tempi di record la piattaforma Classroom che ha messo a disposizione tutti gli strumenti digitali di Google Suite, dall’altro è stata avviata una ricognizione sulle dotazioni informatiche degli alunni e delle loro famiglie per evitare il cosiddetto “digital divide” (il divario esistente tra chi ha accesso alle tecnologie, ai personal computer e a Internet e chi ne è escluso), mettendo a disposizione per chi ne era sprovvisto computer e chiavette di connessione in comodato gratuito. Nessuno doveva essere lasciato indietro, soprattutto riguardo alle dotazioni tecnologiche. Da quel momento, tutto il lavoro didattico si è spostato sulla piattaforma Classroom e sul registro elettronico.

Ore 9, videolezione di italiano; ore 10 conversazione di inglese; ore 11, revisione degli esercizi di matematica con l’insegnante. In genere non più di tre ore al giorno di videolezioni, poi il pomeriggio dedicato allo studio dei materiali forniti dai docenti, alla visione delle lezioni registrate, alla verifica delle proprie conoscenze compilando moduli online, alla risoluzione dei problemi e degli esercizi assegnati sempre attenti alle scadenze e alle date di consegna. Questa è la giornata tipo al Busdraghi al tempo del coronavirus.

È stata una rivoluzione di cui ancora non si conoscono né la portata, né le conseguenze.

Il parere dei docenti

Gli alunni hanno saputo adattarsi alla nuova didattica? Gli insegnanti sono riusciti a trasformare il proprio modo di insegnare per utilizzare gli strumenti messi a disposizione dalle tecnologie della informazione e comunicazione? E per ciò che riguarda gli apprendimenti, è possibile una verifica delle conoscenze acquisite dagli alunni?

Per fare il punto della situazione sulla didattica a distanza, ho chiesto ai colleghi di mandarmi una riflessione sulla propria esperienza. Molte sono state le risposte che proverò a sintetizzare di seguito.

Una prima impressione positivacalendar

Anzitutto c’è da rilevare che il giudizio espresso dalla maggioranza degli insegnanti sulla didattica a distanza è complessivamente positivo. Le prime settimane, affermano i colleghi, sono state molto faticose. È stato necessario individuare fra i ragazzi chi non avesse la strumentazione minima per collegarsi. Occorreva seguire corsi online per imparare ad usare la piattaforma Classroom, rivedere i materiali per adattarli alla didattica a distanza, cercare nuove risorse in internet e caricarle nella piattaforma, assegnare compiti possibilmente brevi in modo da procedere in tempi rapidi alla correzione e restituzione, riprogrammare le attività, fissare le video lezioni su Calendar e sul registro elettronico evitando che si sovrapponessero a quelle dei colleghi, superare l'imbarazzo di parlare  di fronte a uno schermo...

In questo loro sforzo i docenti sono stati incoraggiati e sostenuti non solo dall’aiuto e dall’appoggio dei colleghi, ma anche dalla risposta dei ragazzi: nella maggior parte dei casi, infatti, gli studenti hanno mostrato senso di responsabilità e desiderio di mantenere un contatto con i loro insegnanti e i loro compagni. Alcuni ragazzi inoltre hanno manifestato una grande impegno nell’aiutare i propri compagni in difficoltà.

Tutto questo lavoro ha cominciato gradualmente a dare i suoi frutti: la partecipazione alle videolezioni è stata assidua, i ragazzi hanno manifestato interesse, spirito di collaborazione e adattamento veramente apprezzabili. La consegna dei compiti in genere ha rispettato modalità e tempi. Sembra che le videolezioni assumano una valenza che va oltre la mera funzione didattica.

Fra i docenti c’è chi comincia ad intravedere anche le potenzialità della didattica a distanza e a scoprire le innumerevoli risorse che questa mette a disposizione. Con la giusta strumentazione e un’adeguata metodologia didattica, infatti, si potrebbe implementare molto l’efficacia del materiale didattico stesso e la sua funzionalità. Alcuni docenti sono riusciti a rendere i propri studenti più autonomi e responsabili, sostituendo la classica lezione frontale con la consegna di materiale, documenti, mappe e link e utilizzando il tempo a disposizione in videoconferenza per discutere e dibattere sul materiale fornito.

Criticità riscontrate

Alcuni docenti ritengono che, al di là della attuale situazione di emergenza, la didattica a distanza non possa in alcun modo sostituire quella in presenza, neppure attraverso l’uso delle videoconferenze.

“In futuro, magari, potrà supportare la didattica in presenza, ma già l'ipotesi che possa in certa misura integrarla, fino ad arrivare ad una specie di formula mista, mi pare assai discutibile. Banalmente, una delle caratteristiche della comunicazione in presenza è il fatto che leggiamo la prossemica di chi abbiamo di fronte, ne traiamo un feedback e sulla base di questo adeguiamo la nostra comunicazione alla ricerca della massima efficacia. Con i Meet tutto questo viene meno. Io lavoro direttamente a telecamere spente per evitare il sovraccarico della rete, ma anche dove lavorassi a telecamere accese non avrei la possibilità di leggere le espressioni dei miei interlocutori.  Per quanto partecipato, per quanto lontano dalla lezione frontale, un Meet non è l'equivalente di una attività in presenza”.

L’apprendimento non si limita ad un trasferimento di conoscenze fra il docente e l’alunno, al pari di un pacco da recapitare o di un tutorial da scaricare, è un sapere che deve essere costruito all’interno di una relazione che coinvolga non solo la dimensione intellettiva, ma anche e soprattutto quella emotiva. Relazione che è resa difficile col distanziamento fisico. Ci sono inoltre materie, come la matematica, che si prestano meno al confronto a distanza.

Esistono, infine, difficoltà legate anche alla età degli studenti. Occorre osservare, infatti, che, nonostante i computer messi a disposizione dalla scuola, ancora molti alunni del biennio si servono del cellulare per seguire i corsi e questo comporta limiti nella fruizione dei contenuti su Classroom e nello svolgimento delle esercitazioni previste.

La didattica a distanza potrebbe ampliare le differenze fra i ragazzi più bravi e motivati, per i quali il digitale potrebbe favorire una partecipazione più attenta e motivata, e quelli più deboli, per i quali questa forma di didattica potrebbe essere un elemento di ulteriore dispersione ed emarginazione.

Emerge da parte degli insegnanti anche una riflessione sulle competenze digitali dei nostri alunni. “Sebbene i ragazzi appartengano alla categoria dei nativi digitali, molti non hanno letteralmente idea di come ci si muove su internet, non sanno mandare una mail, non sanno distinguere tra pulsanti o tendono a perdersi in problemi tecnici del tutto secondari (come fare lo sfondo della slide di una presentazione, quali animazioni mettere), mentre non dedicano l'attenzione necessaria al problema attorno al quale lavorare”. Sarebbe stato necessario progettare, sperimentare, prendersi il tempo per fare un lavoro coerente e pensato, ma ovviamente tutto questo non è stato possibile. Questa esperienza potrà dare risultati migliori nei prossimi anni scolastici quando tutti avranno imparato ad usare le sue potenzialità e saranno capaci di integrarla con la didattica tradizionale.

Un docente mette in evidenza che occorrerebbe essere più pronti alla innovazione, "che non riguarda solo la didattica a distanza, ma anche le varie azioni previste dal Piano Nazionale Scuola Digitale come gli hackathon, i debate, i model, le simulazioni ecc."

L’aspetto critico della valutazione

Quasi tutti i docenti concordano nel ritenere che l’aspetto più critico e delicato della didattica a distanza riguardi la valutazione degli apprendimenti.

La didattica a distanza non solo stravolge il modo di fare lezione, ma anche le modalità e il significato della valutazione. Se da un lato occorre respingere la tentazione di limitarsi a riprodurre virtualmente ciò che si fa in aula, dall’altro occorre evitare di considerare la valutazione in presenza equivalente a quella a distanza. Ciò non vuol dire non esprimere un giudizio sulle prove. Si possono dare voti, giudizi, note ai compiti, ma questo non è traducibile immediatamente in un voto nel registro, che dovrà tener conto invece di una serie di osservazioni relative alla partecipazione alle videolezioni, al rispetto delle consegne, all’impegno profuso nella esecuzione dei compiti.

È ancora prematuro dare una valutazione complessiva a questa esperienza di didattica a distanza. Tra le tante incertezze, tuttavia, una cosa è certa: quando tutto sarà finito e potremo finalmente ritornare in qualche modo a scuola, la scuola e l’insegnamento non potranno più essere gli stessi, ma dovranno fare i conti con questa nuova metodologia didattica. 

Alessandro Giannini

Ringrazio i docenti che hanno partecipato inviando una loro riflessione e in particolare: Evelina Jeliazkova, Mario Bianchi, Maria Giuliana Serrapede, Giovanna Barsanti, Nico Baroni, Franco Grossi, Rita Quiriconi, Jacopo Fasano, Raimondo Leone, Andrea Iacoponi e Gian Pietro Carrozza