Alunni del Busdraghi in visita al Museo del Deportato di Carpi e al Campo di concentramento di Fossoli


“Porto con me nella tomba tanti sogni”

Le classi quarte e quinte del Busdraghi hanno visitato nei giorni scorsi il “Museo Monumento al Deportato” di Carpi e il campo di concentramento di Fossoli. La visita rientra nel progetto triennale “Per non dimenticare. Carpi 1Storia di Lucca nel ‘900”, di cui sono referenti i proff. Giuliana Serrapede, Giovanna Barsanti e Giovanni Del Dotto; il progetto intende approfondire alcuni tragici avvenimenti legati alla Seconda guerra mondiale, come la Strage di Stazzema, l’eccidio di Farneta, le deportazioni razziali e di mettere in evidenza alcune figure eroiche del nostro territorio che hanno cercato di opporsi alla insensata violenza distruttrice, fino a sacrificare la loro vita e che meritano, pertanto, di essere conosciute e ricordate. Il progetto prevede anche la visita ai luoghi della memoria. Nel passato anno scolastico gli studenti delle classi terze hanno visitato ciò che resta dell’ex museo della Liberazione e hanno visto da vicino alcuni oggetti appartenuti a Don Aldo Mei, il sacerdote fucilato dai nazisti per avere aiutato un ebreo e portato conforto religioso ad alcuni partigiani; gli alunni delle quinte, guidati dai volontari del Comitato Valorizzazione, hanno visitato la Linea Gotica di Borgo a Mozzano. Quest’anno il focus si è spostato sui luoghi della deportazione di massa.

Prima di visitare il campo di concentramento di Fossoli (Modena), gli studenti sono stati accompagnati al Museo del Deportato di Carpi per una visita guidata. Il museo è ubicato nel centro della cittadina e si sviluppa su 13 sale dall’allestimento sobrio ed essenziale e dalle tonalità dimesse, elementi che, assieme alla sapiente disposizione delle luci e della grafica e agli scarni arredi, creano un forte coinvolgimento emotivo nel visitatore. Al centro delle sale una o due teche raccolgono qualche oggetto e alcune fotografie relative al tema.Carpi 2

La continuità tra una sala e la successiva è svolta da frasi incise sulle pareti.
Toccante la prima collocata all’ingresso del museo, come monito rivolto al visitatore. È una poesia di Bertolt Brecht (riportata in calca) che sollecita ad agire, a non abbassare la guardia, a non dare mai nulla per scontato, perché, se non vigiliamo, gli orrori possono ripetersi. Straziante invece quella scritta da un condannato a morte: “Porto con me nella tomba tanti sogni”. Alcuni graffiti di artisti famosi (Picasso, Guttuso, Longoni …), rigorosamente monocromi, provvedono ad interpretare e a dare risalto al tema delle sale.

L’ultima sala, la Sala dei Nomi, porta incisi sulle pareti i nomi di 15.000 deportati dall’Italia nei lager, nella volontà di ridare una identità e una dignità a coloro a cui era stata tolta, strappata, calpestata.

Carpi 3La sala dei nomi

Fuori dal museo 16 monoliti in cemento disposti in un ampio cortile, come lapidi di un cimitero, riportano incisi sulle due facce i nomi di alcuni lager nazisti.

Terminata la visita al museo, gli alunni sono stati accompagnati al campo di concentramento di Fossoli, campo che fra il maggio 1942 e il novembre 1944 ha visto internare migliaia di deportati razziali e politici per essere avviati ai campi di sterminio e/o di lavoro tedeschi e polacchi, dai quali solo pochi hanno poi fatto ritorno.

FossoliPlastico del campo di concentramento di Fossoli

Nel dopoguerra il campo è stato utilizzato per qualche anno da Don Zeno che, accogliendo i bambini orfani ed abbandonati, vi ha fondato la prima comunità di Nomadelfia, poi trasferitasi in una località del grossetano nel 1952. In seguito, il campo è divenuto “Villaggio San Marco e ha ospitato i profughi italiani provenienti dall’Istria, passata sotto il controllo Jugoslavo.

Del campo, che si estendeva in origine su una superficie di 15 ettari (pari a 30 campi da calcio), si possono visitare solo alcune baracche, ricostruite recentemente per mostrare come erano fatte, mentre delle altre si intravede solo la presenza all'interno della vegetazione, perché le piante, indifferenti alla memoria e alla sofferenza umana, con le loro foglie e i germogli protesi verso il cielo e la luce, stanno pian piano riconquistando i loro spazi, coprendo con una pennellata di verde ogni segno della follia umana.

Il pomeriggio ha avuto anche momenti di svago e di leggerezza. Mentre un gruppo di studenti si è dedicato alla visita del museo Enzo Ferrari, un altro ha privilegiato il centro storico della città di Modena.

Carpi 4

Le riflessioni di una alunna

Questi sono i pensieri a freddo di Alessia che è rimasta profondamente impressionata dalla visita al museo di Carpi e al campo di concentramento di Fossoli.
“Mi hanno colpito in particolare le scritte incise sui muri. Sono pensieri di persone che ora non ci sono più; frasi pesanti, angoscianti, che mi hanno fatta rabbrividire. A ripensare a quel momento mi sento triste. Sono frasi che testimoniano quanto dolore, quanta rabbia e quanta tristezza ci fosse in quel periodo. Bambini, ragazzi, adulti e vecchi che per la semplice "colpa" di essere nati "sbagliati", hanno vissuto l'ultimo periodo della loro vita sotto torture vere e proprie. Nessuno si meritava quella fine.
Sono felice di essere venuta, mi ha fatto davvero emozionare camminare su quei suoli che tempo fa pestavano quelle povere persone, o meglio quei "pezzi" ( in tedesco stücke) come venivano chiamati dai nazisti; vedere i vestiti, le foto e quel poco che rimaneva di quei campi… ancora ho i brividi a parlarne.

Quante persone sono morte senza colpa. Eppure, ancora oggi ci sono persone che non capiscono la gravità di quanto sia accaduto e osano scherzarci sopra magari indossando e sflando con le divise naziste!
La gita mi ha aiutato a capire davvero tanto, posso dire che mi ha fatto crescere (almeno di testa).”

 

Alessandro Giannini 

La frase posta all'ingresso

del museo

E voi, imparate che occorre vedere

e non guardare in aria; occorre agire

e non parlare. Questo mostro stava,

una volta, per governare il mondo!

I popoli lo spensero,ma ora non

cantiam vittoria troppo presto:

il grembo da cui nacque è ancora fecondo.

Bertolt Brecht