La scienza della meccanica

La scienza della meccanica ebbe illustri cultori fin dall'antichità. I fondamenti della statica e dell'idrostatica furono posti da Archimede (c.287 - 212 a.c.) mentre le prime teorie del moto dei corpi furono formulate da Aristotele (384 - 322 a.c.) e dalla sua scuola. L'influenza della fisica aristotelica, nell'interpretazione del pensiero scolastico, fu fortissima per tutto il Medioevo ed oltre. Toccò in particolare a Galileo Galilei (1564 - 1642) rompere con la tradizione. I suoi concetti rivoluzionari divennero il tema del progresso della meccanica nel diciasettesimo secolo per opera di Descartes (1596 - 1650), Huygens (1629 -1695), Varignon (1654 - 1722) e specialmente Isaac Newton (1642 - 1727). Nell'opera del fisico inglese, i "Principia" del 1687, furono formulati i tre assiomi del moto e furono definiti i metodi della scienza meccanica. I successori si muoveranno nel solco della tradizione newtoniana. Tra essi sono da ricordare Johann Bernoulli (1667 - 1748), Leonhard Euler (1707 - 1783), Daniell Bernoulli (1700 - 1782), Alexis-Claude Clairaut (1713 - 1765), Jean Le Rond d'Alembert (1717 - 1783) e specialmente Giuseppe Luigi Lagrange (1736 - 1813) e più tardi William Rowan Hamilton (1800 - 1865) e K. G. J. Jacobi (1804 - 1851).

Il grande sviluppo formale della meccanica con l'opera di Lagrange e di Hamilton e Jacobi, l'eleganza dei metodi, l'abbondanza dei successi alimentarono la speranza che tutti i fenomeni naturali potessero essere rappresentati in ultima anlisi in termini di quantità meccaniche. Nel ventesimo secolo questo atteggiamento di pensiero ha avuto una significativa battuta d'arresto sia a causa delle modifiche introdotte dalla teoria della relatività, sia, principalmente, a causa della rappresentazione del mondo fisico nei termini della meccanica quantistica.